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Finalmente si torna a messa

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È stato finalmente firmato il “il Protocollo riguardante la ripresa delle celebrazioni liturgiche col popolo” tra CEI e Governo Italiano. I cristiani possono finalmente tornare a messa. Tra le condizioni: distanziamento sociale, disinfettanti e mascherine, ma anche comunione con guanti monouso e proibizione a raccogliere le offerte durante la messa. Dopo oltre due mesi di interdizione dalla celebrazione in pubblico, e non senza qualche denuncia a qualche sacerdote zelante che aveva celebrato la messa con 13 persone in una chiesa di 300 metri quadrati. Insomma, la montagna ha finito per partorire il proverbiale topolino.

Si entra in chiesa passando il varco presidiato da volontari o collaboratori che dovranno misurare la temperatura dei fedeli che ardiranno entrare in Chiesa e – con buona pace della privacy – dovranno impedire loro l’accesso se questa supera la temperatura di 37,5°. In chiesa bisogna sedere ad almeno 1 metro di distanza dalla persona più vicina (il testo non fa sconti neppure alle famiglie… speriamo lo faccia il buon senso!). Si riceve la comunione al posto portata direttamente dal sacerdote o da altro ministro che «avranno curato l’igiene delle loro mani e indossato guanti monouso». È poi raccomandato che «Le eventuali offerte non siano raccolte durante la celebrazione, ma attraverso appositi contenitori, che possono essere collocati agli ingressi o in altro luogo ritenuto idoneo».

Insomma: la montagna sono le prescrizioni. Il topolino è costituito invece dalle competenze liturgiche di chi ha sottoscritto questo accordo.

Per carità: non si chiede tanto al Prof. Avv. Giuseppe Conte o dal Cons. Pref. Luciana Lamorgese, ma magari ci si sarebbe potuto attendere di più dal Card. Gualtiero Bassetti che, in qualità di presidente della CEI, ha sottoscritto il protocollo.

Se infatti i ministri che distribuiscono l’eucaristia si avranno «curato l’igiene delle mani» e distribuito l’ostia «senza venire a contatto con le mani dei fedeli», che senso ha indossare dei guanti monouso che – diciamolo – al livello liturgico sono pertinenti come il calzino bianco sotto i sandali?

La raccolta delle offerte durante la messa, non è poi certo un modo di fare cassa (lo sanno bene i sacerdoti che alla fine di una domenica hanno raccolto manciate di monetine), quanto piuttosto il modo di significare la partecipazione del popolo all’offerta che il sacerdote presenta sull’altare. Che senso ha quindi impedire di raccogliere le offerte e collocare dei bussolotti all’ingresso? Non bastava raccomandare di non infrangere la distanza sociale? Una volta si usavano sacchetti appesi al termine di una lunga asta che forse gli anziani parroci ancora conservano e potevano tornare in uso.

Evidentemente anche il povero cardinale Bassetti ha dovuto piegare la liturgia alle posizioni laiche di un governo che vede nel covid la propria ragione di esistere (prima si andava sgretolando e ora che l’emergenza sembra volgere al termine, già si sente riparlare di elezioni come unica alternativa).

Un compromesso, quindi, che accontenta tutti: da una parte il governo che continua a venerare il suo unico salvatore, unica ragione del suo esistere; dall’altra la CEI che, dopo i richiami del papa prima a ricordare che «La Chiesa, i sacramenti, il popolo di Dio – ha detto – sono concreti» e non vanno viralizzati e poi a pregare il Signore «Perché dia al suo popolo, a tutti noi, la grazia della prudenza e della obbedienza alle disposizioni, perché la pandemia non torni», ha finalmente qualcosa con cui rispondere ai contrastanti segnali di papa Francesco.

E così, finalmente, si potrà tornare a celebrare con il popolo di Dio. Poco importa se tra guanti e mascherine e disinfettanti, poco importa se mortificando la presenza reale di Cristo foderandosi le mani di lattice e la liturgia con cassette al posto della questua dell’offertorio. Si ricomincia il 18 maggio. Naturalmente… lunedì!

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