news

Vince la democrazia

I referendum dovevano servire a dimostrare al Presidente Meloni che ormai il popolo non la segue più e, nell’intento di Schlein, Conte e compagni (è il caso di dire) martiri, di dare una spallata al Governo. Tutto quello che bisognava fare era portare il 50%+1 degli aventi diritto alle urne tra 8 e 9 giugno scorsi. Non è andata così. Alle urne si sono recati circa 14 milioni di italiani (il 30,6% degli aventi diritto), troppo pochi perché i referendum abrogativi possano produrre effetti.

Chi segue chi?

Non solo l’attesa spallata al Governo non è arrivata, ma a risultare scosso è tutto il fronte dell’opposizione: il cosiddetto campo largo, che alle scorse politiche ha raccolto circa 15 milioni di voti, non è riuscito a motivare neppure i propri elettori (ne è mancato almeno 1 milione). Poco vale quindi il discorso del Segretario di Cgil Maurizio Landini che sottolinea come alle urne siano stati espressi più voti di quanti non ne abbia raccolti tutto il centrodestra nella scorsa tornata di elezioni politiche (fermo a 12 milioni). Vale poco non solo perché 7 italiani su dieci sono stati contrari al referendum, ma perché dei 5 quesiti uno solo aveva natura politica (il quinto, sui tempi della Cittadinanza). E l’indicazione politica che emerge dagli esiti di quel quesito è inequivocabile: il 35% degli elettori che hanno votato al referendum (quasi 5 dei 14 milioni) ha votato contro quella che era l’indicazione dei partiti di minoranza. E questo significa che o a votare ci sono andati 5 milioni di elettori di centrodestra, o che 5 milioni di elettori di centrosinistra non condividono le scelte dei loro partiti di riferimento in materia di cittadinanza.

Comunque la si voglia leggere è il campo largo o larghissimo ad uscire bastonato e doversi leccare le ferite. Perché se hanno votato 5 milioni di elettori di centrodestra, significa che dei 15 milioni di voti raccolti dal campo largo alle politiche, il 40% ha disertato le urne; mentre se quei 5 milioni di elettori sono di centrosinistra, i partiti di opposizione hanno perso il contatto con il sentiment del proprio elettorato che ormai non lo segue più. Insomma, i referendum dello scorso 8 e 9 giugno 2025 sono stati un vero e proprio boomerang di tutti i delatori del Presidente del Consiglio.

Gli inviti al non voto.

Tra le accuse ascoltate in questi giorni c’era quella all’indirizzo della Presidente Meloni di aver commesso un reato istigando a non votare, o di prendere in giro gli italiani quando ha dichiarato che sarebbe andata al seggio, ma senza ritirare la scheda (opzione riconosciuta dalla legge in materia di referendum). Da più parti si è gridato che la democrazia è in pericolo perché anche la seconda carica dello Stato (il Presidente del Senato Ignazio Laurssa) ha invitato a non andare a votare.

Vale la pena però tenere conto di alcune cose:

  1. La Presidente Meloni non è una masochista e, se andare al voto significa tentare di darle una spallata, perché andare e darsi la zappa sui piedi?
  2. Il referendum abrogativo è un istituto democratico che serve ad abrogare leggi dello Stato (per altro non di tutte le materie) e non dovrebbe essere usato per dare spallate alla maggioranza perché questo lo snatura. Se si pensa di poter fare meglio, in democrazia, ci si candida alle elezioni e si cerca di vincerle (possibilmente evitando di violare il silenzio elettorale con cappellini e altri poveri espedienti visti in questa tornata referendaria).
  3. Per la natura di istituto di democrazia diretta, quando si celebra un referendum, vince la democrazia. Sempre! Se non si raggiunge il quorum non è un fallimento della democrazia o un indizio di una democrazia alla deriva come qualcuno vorrebbe far credere, quanto piuttosto il fallimento di chi voleva servirsi di uno strumento democratico per mettere in discussione un Governo democraticamente eletto; quello di una politica schizofrenica che quando è al governo crea le leggi, e quando è in opposizione chiede di cancellarle; quello di politici che non assolvono al compito legislativo loro affidato dalla Costituzione e piuttosto cercano di scalzare chi è alla guida del Governo per prenderne il posto (quando si dice il “poltronismo”).

I referendum abrogativi, visti dagli italiani

Per tutto questo passa la disaffezione dalle votazioni referendarie: perché se i politici non producono le leggi, se il referendum serve alla battaglia politica, invece che al progresso del Paese, allora non c’è da sorprendersi che gli italiani disertino le consultazioni referendarie e bisognerebbe fare ammenda davanti alle giovani generazioni che si accostano per la prima volta ad una votazione, perché si stanno gettando le basi per disilluderli e distruggere il loro ideale di una votazione che contribuisca a rendere grande il Paese.

Forse sarebbe il caso di ripensare l’istituto del Referendum: non si tratta di aumentare il numero di firme necessarie alla sua indizione come vorrebbe qualcuno, o di abbassare il quorum come vorrebbe qualche altro, ma di dare spessore ai quesiti referendari. La storia del nostro Paese ci insegna che siamo primatisti europei nel numero di referendum: 77 in 75 anni (nello stesso periodo i referendum sono stati 3 in Germania,  5 in Spagna, 10 in Francia…). Tanti, di certo. E non è il caso di dire troppi o troppo pochi. La cosa certa è che in Italia, quando i quesiti sono veramente importanti, il popolo risponde superando il quorum abbondantemente e senza tanta fatica dei promotori.

È successo per il referendum contro l’energia nucleare (1987) quando a votare fu il 65%; nel referendum sul finanziamento pubblico ai partiti, gli stupefacenti, ecc. (1993) quando a votare si recò il 77%; nel referendum su concessioni televisive e pubblico impiego (1995) a votare fu il 57%; e nel referendum per l’acqua pubblica, l’energia nucleare di nuova generazione, ecc. (2011) quando a votare fu il 55% degli aventi diritto.

Sembra dunque legittimo chiedersi: è la democrazia in crisi o è in crisi una certa classe politica che promuove referendum per qualsiasi argomento perché incapace di affrontarli nella normale dialettica parlamentare?

Subscribe
Notificami

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

0 Commenti
Oldest
Newest Most Voted
Inline Feedbacks
View all comments